BREVI CENNI SULLA CONFIGURAZIONE DELL'ASSEGNO DIVORZILE DOPO LA SENTENZA SS.UU. 18287/2018

Nel corso dell'ultimo triennio, la Giurisprudenza di legittimità è intervenuta in più occasioni per definire le condizioni in cui debba ritenersi sussistente il diritto del coniuge divorziato a ottenere dall'altro la corresponsione di un assegno periodico in proprio favore. L'attuale "stato dell'arte" è rappresentato dalla Sentenza n. 18287/2018 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, le quali hanno stabilito che, al fine di determinare se e in quale entità debba essere riconosciuto l'assegno divorizile al coniuge richiedente, formulando il seguente principio di diritto "Ai sensi della L. 898 del 1970, art. 5, comma 6, dopo le modifiche introdotte con la L. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto". Pertanto, i nuovi presupposti, per il riconoscimento dell'assegno in parola, valorizzano – e richiedono che siano rigorosamente provate in giudizio – circostanze di fatto che la vecchia normativa considerava assolutamente irrilevanti. Procedendo per ordine, la prova dei redditi a disposizione delle parti assume primaria importanza, in quanto il Giudice di merito parrebbe avere l'onere di prendere in considerazione la fondatezza della richiesta di assegno divorzile, avanzata da un coniuge nei confronti dell'altro, solo qualora sussista "l'inadeguatezza dei mezzi del richiedente, o, comunuque l'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive"; ciò al fine di operare l'accertamento delle cause che hanno dato origine alla rilevata sperequazione patrimoniale. In particolare, il Giudice è chiamato a verificare se la disparità economica esistente tra i coniugi trova la propria ragione nel sacrificio delle aspettative di reddituali e patrimoniali di una parte – in relazione all'età e alla durata del matrimonio – nonchè al contributo della stessa alla conduzione della vita famigliare, alla cura della prole e alla formazione del parimonio comune. Fondamentale appare, quindi, oggi, per il coniuge richiedente l'assegno, dare in giudizio la compiuta prova di tale contributo, poichè esso non solo costituisce uno dei presupposti affinchè il Giudice possa riconoscere come dovuto l'assegno periodico a favore del coniuge economicamente più debole, bensì anche in ragione del fatto che il contributo fornito dallo stesso alla conduzione della vita famigliare e alla formazione del patrimonio comune è l'unico criterio dettato dalla Suprema Corte per la quantificazione dell'assegno stesso. Le Sezioni Unite, infatti, hanno espressamente escluso che il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio possa essere preso in considerazione dal Giudice nella liquidazione dell'ammontare dell'assegno divorzile.

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